mercoledì 14 ottobre 2009

Viaggi

mercoledì 14 ottobre 2009

— Senti Lore, da quant'è che non riesci più a farti i viaggi?

Guardo Alice, in un silenzioso 'cioè?'

— Nel senso... — poggia la testa sul bancone, gesto che ricorda Jaz, — ... quei viaggi che ci si fa quando si è piccoli. Svegli o addormentati.

Rifletto un pochino. — Viaggi di fantasia, dici.

— Quelli.

È strana, oggi. Non ha ordinato niente e si è seduta al bancone, che per i suoi standard è già singolare. Poi ha i capelli spettinati, non chiusi in quella coda bionda e precisa che è solita esibire, e soprattutto non è impegnata. Mai che non si porti qualcosa da fare: dal tema al libro, dai compiti al PC portatile. Dà l'impressione di aver dimenticato qualcosa.

— E chiedi da quant'è che non riesco a farmeli — dico. — Cosa ti fa pensare che non fantastichi più?

Sprofonda con la testa fra le braccia e brontola: — Hai la mia età e io non ci riesco più. Non lo accetterei e t'invidierei troppo.

Resto in silenzio.

Riattacca: — Quando dovevo compiere undici anni ho chiesto a Dio di farmi andare a Hogwarts. — Ride. — Ero sicura mi avrebbe accontentata, capisci? Mi ero fatta tutti i miei progetti. Le incongruenze che trovavo nei libri della Rowling le correggevo e dicevo a Dio di fare come volevo io. Perché lui avrebbe creato il Mondo Magico e io dovevo dargli una mano. Avrebbe inviato la lettera il mese prima di settembre, giusto il tempo per una scappata a Diagon Alley.

— E l'ha fatto? — domando.

Alza un attimo il capo e sorride. — No. — Torna giù.

— Mh...

— L'ho superato. Ehi, che devi farci. Ormai non ci credo nemmeno più a Dio, ma per altri motivi. Ne parliamo un'altra volta.

Annuisco, anche se non può vedermi.

— E fino a due anni fa ancora mi portavo Paperino e Pippo appresso — riprende. — Ovunque andassi, erano con me finché li avevo chiari in testa. Kingdom Hearts, presente? Quel gioco... Sono arrivata a scrivere un libro che ne ripercorre la storia dal punto di vista di un personaggio originale. Ero fuori. Era bello. — La schiena le sobbalza, come trattenendo una risata. — All'epoca, scrivere non era altro che un prolungamento di quei fantasticamenti. Più facile. Adesso non ci riesco più. Dico fantasticare, non scrivere. Ma scrivere è comunque diverso. Meno... spontaneo? Ho sedici anni e questa è una sega mentale inutile, perché ci sono scrittori il triplo più vecchi, ma credo che parte della creatività umana muoia durante l'adolescenza.

lunedì 12 ottobre 2009

Immaginazione

lunedì 12 ottobre 2009

C'è una coppia di clienti inusuale, perché non mi è mai capitato che un morto portasse un vivo nel locale. Nemmeno il contrario, sia chiaro.

Si tratta di un ragazzo, a occhio più piccolo di me ma più grande di Jaz, e una donna. Jaz li ha fatti accomodare e i due hanno iniziato a parlare a gran voce, di una cosa tra l'altro senza molto senso.

Lui: — Cristo, sei diventata un'americana del cazzo.
Lei: — Ma se lo fanno tutti.
— Solo gli americani del cazzo mettono ketchup sugli spaghetti.
— Hai vissuto tredici anni manco, che vuoi saperne. Magari non si era diffusa la moda.
— Spesso una moda della Terra arriva pure qua. Me la sono persa?
— Mode culinarie, anche? Teddy ha detto che non mangiate.
— Mangiamo. Ci sono pillole che fan venir fame.
Jaz si avvicina loro con una birra e un bicchiere di latte. — Che costano come la Madonna — dice.
— Ci vuole il giusto pusher — fa l'altro ragazzo, che chiameremo Caschetto per via dei capelli, accettando il bicchiere di latte.
La donna guarda Jaz. — Non ho ordinato una birra.
— Infatti è mia — risponde Jaz. Guarda Caschetto. — Allora, com'è andata?
Lui esita, fa un sorso di latte e dice: — Sono padre.
Jaz rimane a guardarlo. Poi guarda la donna. — Ah.
— Non ah, meglio uh — fa Caschetto.
Jaz annuisce.
— Tra l'altro —, Caschetto si rivolge alla donna, — lui è quel mio amico di cui ti parlavo. — Indica Jaz.
— Oh, sei tu che hai cent'anni.
Jaz sorride ironico. — Non li dimostro? — Allunga la mano, la donna la stringe. — Jaz.
— Angela.
Caschetto guarda in mia direzione, che sto dietro al bancone, poi si rivolge a Jaz. — Dov'è finita Anissa?
— Ha trovato nuovi interessi.
— Uh.
— Lavora con lo Sceriffo e quando le gira viene a trovarci. Adesso abbiamo Lorenzino.
Caschetto torna a guardarmi e sorride. — E gli lasci i polli?
— In genere spennano lui, ma sì, i polli.
— E gli affari?
— Del bar o cosa?
— Del Grande Piccolo Regista Jaz — replica Caschetto.
— Vendo solo roba vecchia. Ma raccontami un po' tu.
— Eh, niente di che. Torno, scopro che ho un figlio, che lei non mi ama più — indica Angela — e che la Terra puzza.
Angela lo guarda male. — Io non ti amavo manco prima, sia chiaro.
— Non ho niente contro i pedofili — le dice Jaz.
Angela fa un respiro, come preparandosi a un discorso. — Allora, io non ho ma-
Jaz la interrompe, rivolgendosi a Caschetto: — Fra quanto torni?
— Un mese.
— Te ne fai due?
— Già.
— Io ne volevo di più — mormora Angela.
Jaz la guarda. — Però sulla Terra è illegale la pedofilia, eh.
Caschetto ride. Angela fa gli occhi al cielo e cambia discorso: — Ma quindi ci vengono scrittori, qui?
— Tra gli altri — risponde Jaz.
— Ci potremmo portare Lars — dice Angela.
Caschetto fa spallucce.

Tempo dopo se ne vanno, e Jaz torna al bancone. Oggi non lavora perché molti dei suoi Smistatori sono in ferie. Da solo non conviene mai entrare in Faerie.

— Fammi il cicchetto — dice.

Alias 'sparami venti bicchierini di vodka uno dopo l'altro'. Inizio a versargli il primo.

— Chi erano? — gli chiedo.
Sorride. — Il frutto dell'immaginazione di qualcuno.

venerdì 12 giugno 2009

Solito

venerdì 12 giugno 2009

Jaz sta sorseggiando una birra, Alice è seduta a un tavolo e studia per il compito di domani. Non c'è nessun altro, né vivo né morto, e io ho poco da fare.

— Ieri sera — fa Jaz a un punto, — sono andato a sbirciare il lavoro di quella tipa ch'è venuta l'altro giorno.
Ci penso su. — Quale?
— Quella che scrive romanzi rosa cui hai consigliato di aggiungere elementi soprannaturali.
Oh, quella. — E come va?
Fa un ampio sorriso strafottente. — Ha sul comodino sei libri di Laurell K. Hamilton, un paio de Le Cronache dei Vampiri della Rice e un tale Vampire Kisses.
— Quindi ha scelto i vampiri.
— Non ha scritto ancora una riga, ma scommetto di sì, metterà i vampiri.
— Una storia d'amore tra vampiri adolescenti — deduco.
— Ed è tutta colpa tua, Lore. Tua.
— Magari è brava.
— Ho preferito non indagare.
— Si documenta. È qualcosa.
Jaz si volta a guardare Alice, che presa com'è non pare accorgersene. — Se lo fa come lei, forse c'è qualche speranza.
Abbasso la voce. — E lei come va, invece?
Jaz indugia. — Sai quanti anni ha?
— La mia età.
— Uh, uh. Parlate molto?
— Lei, più che altro. Mi ha fatto un mazzo tanto perché ho lasciato la scuola. — Che non è proprio esatto, dal momento che è stata colpa della Signora Morte.
— Be', per avere sedici anni va alla grande.

Alice si alza e viene al bancone. Quando lo affianca, Jaz le dedica un lungo sguardo.

— Mica mi fai il solito? — mi dice.

Io annuisco e mi chino per aprire il frigo.

— Cos'è il solito? — sento Jaz dire.
Quando torno su, vedo Alice che fissa la doppio malto di Jaz. — Un succo all'albicocca — risponde.

Jaz sogghigna.

— Ti sembra strano? — domanda Alice.
— Nah.
— A me pare però strano che un bambino come te beva birra. — Si gira in mia direzione, mentre le porgo il succo di frutta. — Com'è che gliela vendi?

Non gliela vendo, perché è il proprietario. — È maggiorenne.
Inarca un sopracciglio e dice a Jaz: — Quanti anni hai?
— Centoventidue.
Alice scuote la testa, e torna a guardarmi. — I suoi genitori che ne pensano?
— Ti facevo meno bigotta, Alice.
— Non sono bigotta, mi preoccupo che vi facciano chiudere. Mi piace qui.
— Non chiudiamo.

Si stringe nelle spalle, poi si gira e torna a sedersi sorseggiando il succo.

giovedì 11 giugno 2009

Guerra

giovedì 11 giugno 2009

— Maledizione.

Oggi Alice pare nervosa. È entrata, si è avvicinata al bancone e ci ha sbattuto sopra un libro aperto, mostrandomi una riga con l'indice.

— Che c'è?
— Leggi qui.

Era un uomo cattivo. Faceva del male e se ne compiaceva, viveva in una brutta casa e odiava gli altri. Aveva capelli bruni e occhi sempre iniettati di sangue. Vestiva di nero, una giacca lunga di pelle, jeans e anfibi. L'altro giorno aveva ucciso e oggi l'avrebbe fatto di nuovo.

— Che ha che non va? — chiede Alice, quando risollevo lo sguardo.
Esito un po', tornando a guardare le righe. Poco dopo attacco: — Troppo frammentario e Narratore fastidiosamente soggettivo e bigotto. Perché è cattivo? Perché fa del male e se ne compiace? Bah. Vive in una brutta casa. Perché brutta? Odia gli altri. Perché? Poi è descritto nei minimi particolari. Perché essere tanto precisi sull'aspetto quando si danno informazioni così frammentarie su di lui in generale? Sta malissimo. Dice che ha ucciso, ma per quanto ne so può aver ucciso una formic...
— Okay, va bene così. Un sacco di perché.
— L'hai scritto tu?
— No. — Mi mostra la copertina.

K. Roy Alardo
Il Rito del Sangue

— Ultima uscita, e sta facendo parecchio scalpore — dice.
— E ci credo.
— Nel senso che vende.
Sospiro. — C'è anche di peggio.
Alice si siede. — Manuali per non scrivere.
— Si può imparare anche da quelli.
— E ci si può incazzare perché vendono.
— Anche, sì.
— Bah.
— È roba di tutti i giorni, Alice.
— Lo dici come se ti andasse bene. Dal punto di vista editoriale, e non solo, l'Italia è una merda. Ma anche la gente. Come fa a farsi piacere 'sta roba?

Sorrido. Un sorriso più malinconico che altro.

— Torno su Napoleone, va' - dice.
— È il tuo modo di dare guerra?
— In un certo senso.
— Che guerra sia.

mercoledì 10 giugno 2009

Parliamo di me

mercoledì 10 giugno 2009
Quando chiedono come mi chiamo, in genere succede questo:

— Nome.
— Lorenzino.
— Cognome?
— Muccala.
— Eh?
— Muccala.
— Seriamente, cognome.
— Muccala.

Mio zio diceva che il nostro cognome è una gag che accompagna la famiglia di generazione in generazione, di cui ci si potrebbe vantare.

— Gag? Mi pare più una disgrazia. A scuola mi calpestano, per via di 'sto nome.
— Considerati fortunato, Lore. Saresti potuto nascere femmina col cognome Troia, pardon, Troìa.

Discorso diverso per quanto riguarda i miei genitori.

— Ecco, io credo che mi dobbiate delle scuse.
— Del tipo?
— Non mi volevate, vero? Scommetto che sono capitato per caso e quando avete scoperto che c'ero, be', ve ne siete fatti una ragione ma avete promesso di vendicarvi.
— Che stai dicendo?
— Avete pensato che farmi nascere come Muccala non sarebbe stato abbastanza per farmela pagare. Così, se magari pianificavate di chiamarmi Lorenzo, lo avete trasformato in vezzeggiativo.
— Lorenzino è un nome come un altro.
— Certo, come anche Addolorata.

Ho sedici anni. Sulla Terra ne compirò diciassette il mese prossimo, mentre nel posto in cui mi trovo il tempo serve solo come statistica. L'ambientazione non cambia con l'avanzare delle stagioni, perché di stagioni non ce ne sono. Su Faerie c'è il giorno e la notte ma è un effetto voluto e quindi artificiale, come avviene un po' sulla maggior parte delle dimensioni.

Per quanto riguarda la mia morte, ne ho parlato di recente col mio capo, Jaz.

— Sai, stronzo, non ti ho ancora chiesto come mai il tuo culo si trova qui.
— Stavo giusto tentando di rimuovere. Grazie tante.
— Non è qualcosa di cui ti dimentichi prima di qualche secolo.
— Non puoi parlare per esperienza.
— Tu che ne sai?
— È stata una maledizione.
— Maledizione?
— Già. Però non ha colpito me, ma un tizio che ho conosciuto circa dieci anni fa al Centro Estivo. Questa maledizione va attaccare quelli che sono o sono stati intimi col maledetto, e pare che lui non si sia dimenticato di me.
— Sei stato intimo con lui?
— Come amico, e per nemmeno un mese. Che cazzo. — Evitai di menzionare che lui non si era dimenticato di me per altri motivi, che avevano giustificato il perché, quando interpretavamo Jessie e James dei Pokémon, Jessie era sempre lui.
— Tu come sei morto, invece?
Jaz s'era stretto nelle spalle e non aveva risposto.

Mi sono avvicinato alla Scrittura Creativa a dodici anni, dopo aver visto il primo componente della Trilogia del Dollaro di Leone e letto un paio di fumetti di Ken Parker, tutti consegnatomi dallo stesso zio che giudicava il nostro cognome una gag. Il Western, in particolare quello nostrano, mi è sempre piaciuto. A tredici anni ho preso in mano la prima rivoltella e per poco non mi son giocato la virilità tentando un estrazione dalla cinghia.

Tornando alla scrittura, ho scritto il mio primo e unico romanzo grazie all'aiuto di un professore che tra le altre cose insegnava Scrittura Creativa all'Università, e che diceva d'esser stato amico di Miguel de Cervantes Saavedra in un'altra vita. All'epoca non sapevo manco chi fosse e mi aveva lanciato un Don Chisciotte in copertina rigida sui denti.

Del mio romanzo non ho molto da dire. Forse prima o poi ne riparlerò, perché è grazie a lui se sono dietro al bancone del Blue Feather Cafè a dispensar consigli a Tizio e Caio. Nel bene e nel male, s'intende.

martedì 9 giugno 2009

Fantasio

martedì 9 giugno 2009

Il Nucleo è un Comune modesto, abitato dai pochi addetti alla supervisione di Faerie. Non fa parte della zona infestata di Fantasia perché circondato da mura parecchio alte e protette da altre cose di cui non sono a conoscenza; nonostante questo capita che qualche diavoleria faccia un bel salto e vada a trovare gli abitanti. Quando accade, e accade spesso, lo Sceriffo si mette in moto e rispedisce al mittente eventuali elfi, motociclette alate e conigli mannari - se va bene.

— Sai che? — mi dice proprio lo Sceriffo, posando la rivoltella sul banco. — La cosa peggiore è quando salta fuori qualcosa derivante dalle fantasie erotiche di qualcuno.
— Immagino di sì — rispondo. Mi piace quando viene a farmi visita. Ha un sacco di cose da raccontare. Vivendo anch'io nel Nucleo, ho spesso occasione di osservare le bizzarrie che superano le Mura, ma lavorando otto ore al giorno perdo un sacco di roba. Grazie a lui recupero qualcosa.
— Oggi è stato assurdo. Quando sono spuntati, abbiamo pensato a qualche horror di serie B, perché erano tutti zombi. Poi hanno iniziato ad accoppiarsi in piazza.
— Un Necrofilo.
— Mah, suppongo di sì. Non è stato bello.
— Questione di gusti.
Mi guarda di traverso. — Ti piacerebbe assistere a una cosa del genere?
Mi ritrovo a pensarci. — Non credo.
— Eh. A Todde piaceva.
— Todde dorme in una bara.
— Maledizione a lui.

Todde è forse l'unico Fantasio che conosca. Lavora con lo Sceriffo ed è uno Smistatore. Succede più spesso di quanto diffuso che si permetta a un Fantasio, un essere vivente proveniente dalla Fantasia e quindi da Faerie, di accedere alla comunità. C'è comunque molta discriminazione e non hanno i diritti degli umani, non avendo accesso alle dimensioni pubbliche senza determinati permessi.

— Però è un piacere lavorarci — dice lo Sceriffo. — Ho avuto a che fare con altri Fantasio in passato, e avevano tutti qualche remora a fare gli Smistatori.
— Perché è come ammazzassero parti di loro, no?
— Già. Todde invece ci si abbatte come su carne fumante. E lui adora la carne fumante.

lunedì 8 giugno 2009

Faerie

lunedì 8 giugno 2009

Da qualche parte, sul Mondo dei Vivi, un bambino gioca. Giocando, sogna e fantastica. Lui è - immagina di essere - un supereroe. Deve salvare la pulzella in pericolo, tenuta in ostaggio da un furetto gigante sul tetto di un grattacielo altissimo.

A Faerie (Bo), 34-58 HY, è apparso un supereroe. Sotto di lui, il suolo bianco si colora di nero, assume un aspetto ruvido e diventa asfalto. Presto, l'asfalto si rompe in una crepa, che si allarga a lasciar salire in superficie un palazzo molto alto, sul quale è visibile un essere peloso e una ragazza legata come un salame.

Alla stessa ora, tornando sul Mondo dei Vivi, un uomo si mette alla tastiera del computer e apre il programma di elaborazione testi. Ha appena visto un film interessante, che ha acceso in lui una fiamma creativa. Non l'ha mai fatto, ma crede di poter scrivere un romanzo.

Ancor prima di iniziare, la sua mente ha iniziato ad ampliare Faerie con frammenti confusi di possibili personaggi e trame.

La Mente è un mezzo potente e Faerie la sua puttana. Faerie è il posto in cui la Fantasia diventa un'orgia composta dalla creatività umana.

Faerie è in continua espansione. Nonostante questo, il livello di Fantasia deve rimanere sotto l'ottanta percento, altrimenti la Fantasia inizia a venir spurgata tra le dimensioni - senza mai toccare il Mondo dei Vivi - creando parecchio marasma.

Attualmente, il livello di Fantasia supera il sessanta percento della capienza di Faerie, ed è così da un po', quando la norma impone che non superi il cinquanta. Questo perché gli Smistatori, incaricati di eliminare la Fantasia, stanno avendo problemi. Ma questa è un'altra storia.

Con gli Smistatori per anni, secoli e millenni la Fantasia stata eliminata per necessità. Al giorno d'oggi, bisognosi di nuove forme d'intrattenimento, la Fantasia viene sì eliminata, ma quella meritevole viene posta in una Dimensione a parte visitabile da chiunque in cambio di denaro. Questo smistamento viene fatto da un gruppo di Smistatori Speciali atti a giudicare il lavoro. Jaz, che rientra tra questi, si occupa della Fantasia derivante dalla narrativa. Di recente non è affatto soddisfatto perché un sacco della Fantasia che intenderebbe smistare si rivela poco originale e noiosa. Se ha allestito il Blue Feather Cafè è per tentar di risollevare gli scrittori, in modo da poter vendere Fantasia decente. Ogni mese Jaz controlla la Fantasia prodotta da coloro che visitano il locale e si rende conto che da quando ci sono io dietro al bancone le cose non vanno troppo bene.