mercoledì 10 giugno 2009

Parliamo di me

mercoledì 10 giugno 2009
Quando chiedono come mi chiamo, in genere succede questo:

— Nome.
— Lorenzino.
— Cognome?
— Muccala.
— Eh?
— Muccala.
— Seriamente, cognome.
— Muccala.

Mio zio diceva che il nostro cognome è una gag che accompagna la famiglia di generazione in generazione, di cui ci si potrebbe vantare.

— Gag? Mi pare più una disgrazia. A scuola mi calpestano, per via di 'sto nome.
— Considerati fortunato, Lore. Saresti potuto nascere femmina col cognome Troia, pardon, Troìa.

Discorso diverso per quanto riguarda i miei genitori.

— Ecco, io credo che mi dobbiate delle scuse.
— Del tipo?
— Non mi volevate, vero? Scommetto che sono capitato per caso e quando avete scoperto che c'ero, be', ve ne siete fatti una ragione ma avete promesso di vendicarvi.
— Che stai dicendo?
— Avete pensato che farmi nascere come Muccala non sarebbe stato abbastanza per farmela pagare. Così, se magari pianificavate di chiamarmi Lorenzo, lo avete trasformato in vezzeggiativo.
— Lorenzino è un nome come un altro.
— Certo, come anche Addolorata.

Ho sedici anni. Sulla Terra ne compirò diciassette il mese prossimo, mentre nel posto in cui mi trovo il tempo serve solo come statistica. L'ambientazione non cambia con l'avanzare delle stagioni, perché di stagioni non ce ne sono. Su Faerie c'è il giorno e la notte ma è un effetto voluto e quindi artificiale, come avviene un po' sulla maggior parte delle dimensioni.

Per quanto riguarda la mia morte, ne ho parlato di recente col mio capo, Jaz.

— Sai, stronzo, non ti ho ancora chiesto come mai il tuo culo si trova qui.
— Stavo giusto tentando di rimuovere. Grazie tante.
— Non è qualcosa di cui ti dimentichi prima di qualche secolo.
— Non puoi parlare per esperienza.
— Tu che ne sai?
— È stata una maledizione.
— Maledizione?
— Già. Però non ha colpito me, ma un tizio che ho conosciuto circa dieci anni fa al Centro Estivo. Questa maledizione va attaccare quelli che sono o sono stati intimi col maledetto, e pare che lui non si sia dimenticato di me.
— Sei stato intimo con lui?
— Come amico, e per nemmeno un mese. Che cazzo. — Evitai di menzionare che lui non si era dimenticato di me per altri motivi, che avevano giustificato il perché, quando interpretavamo Jessie e James dei Pokémon, Jessie era sempre lui.
— Tu come sei morto, invece?
Jaz s'era stretto nelle spalle e non aveva risposto.

Mi sono avvicinato alla Scrittura Creativa a dodici anni, dopo aver visto il primo componente della Trilogia del Dollaro di Leone e letto un paio di fumetti di Ken Parker, tutti consegnatomi dallo stesso zio che giudicava il nostro cognome una gag. Il Western, in particolare quello nostrano, mi è sempre piaciuto. A tredici anni ho preso in mano la prima rivoltella e per poco non mi son giocato la virilità tentando un estrazione dalla cinghia.

Tornando alla scrittura, ho scritto il mio primo e unico romanzo grazie all'aiuto di un professore che tra le altre cose insegnava Scrittura Creativa all'Università, e che diceva d'esser stato amico di Miguel de Cervantes Saavedra in un'altra vita. All'epoca non sapevo manco chi fosse e mi aveva lanciato un Don Chisciotte in copertina rigida sui denti.

Del mio romanzo non ho molto da dire. Forse prima o poi ne riparlerò, perché è grazie a lui se sono dietro al bancone del Blue Feather Cafè a dispensar consigli a Tizio e Caio. Nel bene e nel male, s'intende.

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